Un anno che sarà ricordato nostro malgrado, quello appena trascorso, e che ha inevitabilmente cambiato la vita di tante persone e forse anche la tua. È curioso però che, nella maggior parte dei casi, i cambiamenti più grandi sono quelli che non si vedono e che sono generati dentro di noi, dentro la nostra psiche. Ne parliamo con l’esperto.
Non vogliamo parlare del virus, né tantomeno delle sue manifestazioni cliniche o dell’impatto economico sul Paese. Per una volta vogliamo parlare di te, di noi. Ciò su cui vogliamo porre l’accento è infatti qualcosa di cui si parla per lo più in ambito scientifico, ma poco, pochissimo, sui media popolari: vogliamo parlare e ragionare sulle implicazioni più profonde e sull’impatto sociale e psicologico che l’emergenza Coronavirus ha portato nelle vite di tutti noi che l’abbiamo vissuta, in modo silenzioso ma effettivo.
In questi ultimi 12 mesi la maggior parte di noi ha dovuto provare a restringere al massimo le sue relazioni sociali e le sue frequentazioni, molti sono rimasti a casa a lavorare, qualcun altro anche senza lavoro. La maggior parte ha fatto fatica, pochi hanno trovato un modo per sfruttare il momento e riuscire a tirare una somma positiva di questo lungo e – certamente – indimenticabile periodo. Ed è facile immaginare che un cambio di stile di vita così repentino e totalizzante (figli e spesso partner a casa, impossibilità di procedere con abitudini consolidate e routine quotidiane, lontananza forzata dagli affetti) ha comportato una drastica messa in discussione di tutto ciò che fino a ieri era considerato “normale”.
Per analizzare meglio implicazioni e percezioni che un anno di Coronavirus ha portato nelle nostre vite, abbiamo ascoltato le parole di un professionista esperto: abbiamo intervistato Andrea De Giorgio, psicologo e professore associato di Psicologia Fisiologica e delle Emozioni presso l’Università eCampus.
Cos’è che ha davvero portato disagio nell’emergenza Coronavirus?
“I disagi che siamo stati chiamati a vivere durante l’ultimo anno sono stati sicuramente molti e molto impattanti – ha detto De Giorgio – ma il più importante di tutti è senza dubbio questa continua pressione che stiamo vivendo, anche se in modo non del tutto consapevole: sui media il Coronavirus continua ad avere un ruolo centrale sotto forma di numeri, statistiche, tanto che quando ci sono news di altro genere, anche se ugualmente importanti, sembrano quasi provenire da un mondo marziano”.
“Questa presenza costante ha generato un grande stress, anchein coloro i quali non hanno subito direttamente né la malattia, né un momento di difficoltà economica”. Ed è proprio lo stress, secondo il professor De Giorgio, il disagio più forte e persistente: “Il continuo cambiamento dello stato di fatto, le aperture e poi le chiusure, non consentono alla nostra mente di abituarsi, di trovare un nuovo e costante equilibrio che porta, infine, a un senso di spaesamento. Questo non sapere bene cosa accadrà, unito alle situazioni nuove come le code per entrare al supermercato, la dimenticanza della mascherina in auto o a casa o ancora l’impossibilità di visitare amici e parenti, può generare continui momenti di stress”.
Le conseguenze di questo stress possono avere ripercussioni più o meno evidenti in ciascuno di noi: “Nei soggetti predisposti, quando si fanno sentire, si manifestano disturbi del sonno, timore di uscire (la cosiddetta “sindrome della capanna”) fino a sfociare, in casi particolari, in forme più o meno gravi di ansia e a una tendenza alla depressione”, ma per fortuna non è sempre così.
Com’è cambiata la percezione della sicurezza e della salute durante l’emergenza
A seguito dell’emergenza Coronavirus, è fuori da ogni dubbio, siamo tutti più attenti a ciò che facciamo, sia seguendo le prescrizioni di igiene e prevenzione quotidiana (uso della mascherina, lavaggio frequente delle mani, sanificazione degli ambienti e degli oggetti), sia mantenendo un necessario distanziamento, evitando la folla o i luoghi molto frequentati.
Ma è altrettanto vero che la nostra attenzione, con il passare dei mesi, è andata pian, piano allentandosi: “Oggi c’è molta meno attenzione, rispetto ai primi mesi”, conferma De Giorgio. Secondo lo specialista questo accade perché ci si abitua anche al pericolo e scema l’emozione della paura: “La paura è un’emozione funzionale a salvarci la vita – spiega De Giorgio – e va considerata con molta attenzione, non dobbiamo rifuggirne”. Per fortuna esiste la paura, verrebbe da esclamare, altrimenti saremmo tutti in grave pericolo perché la nostra mente non sarebbe in grado di discriminare cosa è rischioso e cosa no: “Anche l’ansia, che molti stanno sperimentando in relazione alla paura di ammalarsi, è figlia della paura e come tale può essere preziosa, purché non diventi un’ossessione”.
L’ansia, e la paura che l’accompagna e la genera, sopraggiunge dunque per inviarci un grande segnale: è importante fare attenzione e proteggere la salute con strumenti adeguati, in primis con i presidi fisici che abbiamo a disposizione (mascherina, igienizzanti e distanziamento), e certamente anche con altri strumenti che possano venire in soccorso nel momento in cui c’è più necessità, come un’assicurazione.
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Quali sono le conseguenze più profonde per la psiche?
“Secondo la letteratura scientifica – continua De Giorgio – occorre un tempo di un anno, un anno e mezzo dopo il termine di un periodo particolarmente impegnativo per vederne gli effetti reali sulla psiche e dunque per quella che comunemente viene chiamata “reazione all’evento”. È come quando siamo coinvolti in una gara: al momento l’adrenalina non fa avvertire la stanchezza, ma quando è tutto finito avvertiamo lo sforzo fatto, tutto insieme. Così, sarà solo dopo il termine dell’emergenza che potremo misurarne gli effetti veri. Oggi siamo ancora in una fase viva, le nostre energie sono impegnate nel far fronte a questa situazione”.
Andrea De Giorgio conclude: “Forse più di tutto sarà prevalente il fatto che abbiamo vissuto un momento nel quale non abbiamo potuto prendere decisioni a lungo termine, è venuta un po’ a mancare la possibilità di progettare, di guardare al domani con certezza, soprattutto nei più giovani, nei ragazzi in età scolare. Ma questo tempo sospeso nel quale molte cose alle quali eravamo abituati non si possono fare può essere vissuto con più positività, come un momento di riflessione e costruzione: come il baco da seta, che grazie alla costruzione del suo bozzolo caldo e accogliente nel quale poi resta immobile e cresce, si prepara a trasformarsi in farfalla e, finalmente, può volare”.
Non lasciare che la paura sia inutile
Come ha sottolineato Andrea De Giorgio, la paura è un sentimento utile a farci comprendere la necessità di fare attenzione, di essere cauti, di meditare bene la prossima mossa. È una specie di campanello d’allarme che va ascoltato. Ecco perché la possibilità di avere un pensiero più positivo verso il futuro va preparata e va costruita, poco, a poco, ma con gli attrezzi giusti.
Il tuo atteggiamento e la tua capacità di organizzazione fanno la parte più importante di questa preparazione, così come la scelta di strumenti di tutela che possano garantire un sostegno alle persone care nel momento in cui non sarà più possibile per te, continuare ad aiutarle. Le nostre polizze vita sono nate per questo: è il nostro modo per far sì che tu possa essere certo di portare a termine un progetto importante (ad esempio pagare un corso di studi) oppure di riuscire a supportare il tenore di vita dei tuoi cari perché possano vivere serenamente, anche senza la tua presenza fisica.
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